PATCHANKA

 

N.3 ANNO 2001/2002

 

 

"LA BELLA CHE E’ ADDORMENTATA…HA UN NOME CHE FA PAURA…

LIBERTA’….LIBERTA’….LIBERTA’!"


 

Un caro saluto a tutti/e i/le lettori/trici di Patchanka.

E così per quest’anno siamo giunti alla fine: tutto sommato non ce la siamo cavata male (ma questo  in definitiva sta a voi giudicarlo). Certo tre numeri sono un po’ pochini, e non siamo stati davvero dei modelli di creatività sotto il profilo della grafica e dell’impaginazione…pazienza, ci attrezzeremo per il prossimo anno: se ci date un  adeguato sostegno, tutto è possibile.

Buona  parte dello spazio è dedicato alla polemica avviata da tre articoli pubblicati nello scorso numero: “Abbi Dubbi”, “La Legge è uguale per tutti, ma per alcuni è più uguale degli altri” e  Dieci Mesi di Governo, Dieci Mesi di Proteste”. Un ragazzo della sezione classica, evidentemente contrariato dal contenuto di questi tre “pezzi”, credendo che non sarebbero più usciti numeri del Giornalino, ha attaccato in bacheca la sua risposta seguita da ben 20 firme.

Con il permesso dell’autore la pubblichiamo, insieme alle repliche dei nostri “giornalisti” e ad altri contributi sul tema. Scusate se vi tediamo, ma rubiamo un po’ di spazio per rispondere (senza alcun rancore, intendiamoci) alla “tirata d’orecchie” che ci è stata fatta.

 Luca paventa il rischio che il nostro giornalino diventi “un’emanazione di Santoro” e lamenta il fatto che abbiamo ospitato opinioni politiche espresse con “superficialità” da persone prive di “grandi competenze”: rispondiamo serenamente che abbiamo seguito la linea editoriale indicata nella prima uscita, cioè trattare tutti gli argomenti, rispettando la piena libertà di espressione dei singoli autori; abbiamo sempre pubblicato tutto il materiale che ci è pervenuto, senza guardare in faccia a nessuno; non ci sono state mai selezioni e tanto meno censure (ci mancherebbe altro!).

Il nostro compagno si chiede anche dove abbiamo trovato il coraggio di pubblicare una “intollerabile” frase di Dario Cavallo, reo di lesa maestà (nonché di insensibilità e disumanità) per avere augurato il cancro a tutti i membri del Parlamento: bèh, noi non accettiamo proprio una richiesta di censura; lasciamo decidere volentieri a chi legge se l’affermazione di Cavallo sia una provocazione, una belinata, uno sfogo o una semplice battutaccia; non spettava certo a noi stabilirlo a priori e magari fare pressioni su di lui perché la eliminasse.

Il giornalino d’istituto è la voce degli studenti: chiunque voglia contribuire sarà sempre ben accolto, indipendentemente dalle sue idee politiche; almeno, questa è la nostra idea. 

Ok, that’s all folks.

Alla prossima.  

 

 

Hanno collaborato a questo numero:

 


Anedda Mirko

Ardoino Paolo

Arnaldi Simona

Bianco Tommaso

Brighenti Stefano

Carpini Marco

Cavallo Dario

Conti Giacomo

Del Monte Luca

Ferrari Paolo

Gaia Marta

Madness

Maglione Francesco

Mantica Daria

Monsù Davide

Nattero Patrick

Schivo Emanuele

Ha “vigilato” la prof. Verrazzani

Calorosi ringraziamenti al personale ATA


 

Delle opinioni espresse negli articoli pubblicati sono responsabili i singoli autori, dei quali si intende rispettare la piena libertà di espressione

 


 


 

Questione di punti di vista

 

Mi è sembrato doveroso scrivere questo articolo come reazione all’ultima pubblicazione del nostro giornalino d’istituto, in particolare alla protesta di quattro alunni del Liceo contro l’attuale governo. Visto che la redazione di Patchanka, presumibilmente, non pubblicherà altri numeri, utilizzerò lo spazio della bacheca.

Carissimi Tommaso, Francesco, Marta e Marco voglio ringraziarvi per quello che avete scritto, perché ancora una volta ci costringete a riflettere e mi congratulo per la determinazione e la chiarezza con cui avete espresso il vostro dissenso. Penso sia giusto chiamarvi per nome e rivolgermi a voi come un amico, perché l’errore più grosso sarebbe chiamarvi “comunisti” o “no-global” o “di sinistra”, insomma considerarvi non come persone, ma come soldatini che obbediscono, senza pensare, alle regole di un partito. Diceva un grande santo “siamo pezzi di cielo”, ovvero abbiamo una sete infinita di giustizia, verità e libertà, che non è descrivibile o strumentalizzabile da qualsiasi ideologia, di destra o di sinistra che sia. La mia paura è che tra di noi nascano conflitti puramente ideologici o lotte che, inevitabilmente, ci faranno dimenticare la tolleranza e l’amore per l’altro (come afferma Dario Cavallo: parlare di lotta fra “destra” e “sinistra” è del tutto fuori luogo). I problemi che avete sollevato sono ormai sulla bocca di tutti, professori compresi. E’ evidente che questo governo ha in sé enormi anomalie, a partire dal conflitto di interessi, fino alle riforme poco chiare o assurde ( l’ultima che ho sentito era di abolire il 25 aprile). Il fatto è che le proteste della sinistra, assumono toni apocalittici, sono veri e propri sfoghi, ma…la politica? L’unica azione politica della sinistra è stata quella di  nominare due consiglieri per la RAI.  La democrazia non è in pericolo più che in altri momenti e con altri governi, altrimenti come  avrebbe potuto mettere in scena il suo siparietto Santoro?( non dovevano licenziarlo? Anni fa si sarebbe “beccato” pure il sussidio di disoccupazione per tenere in vita lui e la sua famiglia,  abituati a un tenore che certo farebbe venire le lacrime agli occhi a mio zio che fa l’operaio!!).

Ecco alcune considerazioni sui 5 punti messi in evidenza dai nostri compagni (che non pretendono di essere la verità assoluta):

Sul dibattito scuola free\ scuola pay, vi propongo una frase di Gramsci: ”Noi socialisti dobbiamo essere propugnatori della scuola libera, della scuola lasciata all’iniziativa privata e ai comuni. La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato. Noi dobbiamo farci propugnatori della scuola libera, e conquistarci la libertà di crearci la nostra scuola. I cattolici faranno altrettanto dove sono in maggioranza: chi avrà più filo tesserà più tela”. A meno che il “vecchio” Gramsci  non si fosse fatto una canna ad Arcore…

Per finire una tirata d’orecchie alla redazione del giornalino: non vorremmo che il nostro giornalino diventasse un’emanazione di Santoro, inoltre per scrivere di politica occorre avere grandi competenze e non sputare sentenze con superficialità (non mi pare che alla Moratti sia rimasto molto da distruggere, se proprio la vogliamo chiamare ministro della pubblica distruzione).

“Mi consenta..”, direbbe il Silvio, ma avrei ancora da dire qualcosa a Dario Cavallo: per amor di precisione è bene sapere che il Vaticano ha piazzato le sue antenne adeguandosi ad una allora vigente legislazione europea, lo stato italiano ha cambiato tale legge e il Vaticano  ha chiesto il tempo di adeguare i suoi impianti alle norme. Peraltro,  accanto alle antenne di radio vaticana ci sono altre antenne (marina militare ecc.), ma, come è noto, le antenne cattoliche emettono radiazioni letali e le altre no. Sempre per essere precisi, un “Uomo di Chiesa” (ringraziando per la maiuscola!) può essere giudicato dallo Stato Italiano, non ricordi il caso del Cardinale di Napoli? Rassereniamoci, la laicità dello stato è salva! La Chiesa deve fare i suoi mea culpa e, come è noto, li fa; tutto il male che ha prodotto in duemila anni è salito agli onori della cronaca e dei libri di testo scolastici. Adesso altri seguano l’esempio del Papa. Negare la verità dei propri errori non porta bene, né a destra né a sinistra. O si vuol costringere la gente a “votare Le Pen”? Ah, dimenticavo, complimenti per la prova di umanità e intelligenza  che hai dimostrato, augurando il cancro a tutti i membri del parlamento! (con che coraggio avete pubblicato questa affermazioni: “ se non succede niente…bene, altrimenti…meglio”) ancora COMPLIMENTI!!! Non possiamo tollerare questo sul giornalino della nostra scuola!

Avete scritto più volte “w la democrazia”, per me la Democrazia è questo:

“La democrazia è convivenza, cioè il riconoscere che la mia vita implica l’esistenza di un altro e lo strumento è il dialogo. Il dialogo è la proposta all’altro di quello che vivo e attenzione a quello che l’altro vive, per un amore all’altro che non implica il compromesso di ciò che sono.[..] Anche il più sincero democratico soffre la tentazione di tenere come criterio reale della convivenza il trionfo del suo modo di concepire l’uomo e il mondo. Rendere questo è violenza, è la violenza del tentato trionfo di un’ideologia, che elimina l’affermazione del singolo uomo libero. Il voler creare a tutti i costi delle omogeneità lasciando da parte ciò che ci divide, può avere commovente spunto, ma sempre di fatto, finisce per schiacciare la persona in nome di un’idea matrice o di una bandiera.  La Democrazia perciò non può essere fondata interiormente su una quantità ideologica comune, ma sulla carità, cioè sull’amore dell’uomo, adeguatamente motivato dal suo rapporto con Dio.”

(da Il cammino al vero è un’esperienza).

 

Luca Delmonte-III A

 

 

M. Pelosi                    E. Isolica

F. Ivaldo                     I. Maffeo

S. Tron                       S. Carlevaro

E. Vigo                      M. Bertonasco

D. Navone                  A. Andreasi

M. Maragliano          C. Pampararo

B.     Bianchi                  I. Vasile

M. Munì                     C. Nan

N. Puppo                   C. Navone                   

M. Barone

 

 

 


BASTA POLITICA!

 

Ho letto attentamente l’ultimo numero di Patchanka e sono rimasta un po’ delusa.. Speravo di trovarvi tanti articoli divertenti come quello del”rappresentante insabbiato”, invece ve ne erano troppi che si occupavano solo di politica e di criticare il governo..

Secondo me, è molto positivo che alla nostra età ci poniamo già certi problemi ma mi sembra sbagliato usare il giornalino d’istituto per aprire un dibattito politico, che, a mio avviso, non siamo in grado di sostenere. Infatti ci limitiamo “al sentito dire” o a seguire la tendenza del momento (ora va di moda seguire le orme di Santoro...).

La politica è una brutta cosa..

E a 18 anni vogliamo già rovinarci la vita?

Penso che guardare il mondo con occhio critico sia nostro dovere. Ma chi siamo noi per giudicare se una cosa è giusta oppure no?

Non prendetemi per una persona troppo puntigliosa però ho trovato anche molto “forzate” alcune notizie. Secondo me prima di scrivere un articolo bisogna informarsi bene per non cadere nell’errore di riportare notizie false, poiché (sempre a mio avviso) un’informazione falsa o incompleta è peggiore di un’eventuale censura!

Spero di non avervi annoiato troppo e di non essere stata troppo critica.

Mi auguro, inoltre, che nessuno si sia sentito offeso (altrimenti mi scuso subito...).

Invito i prossimi articolisti a concentrarsi maggiormente sulle “cazzate” che riempiono le nostre giornate e soprattutto: “BASTA POLITICA!” 

Simona Arnaldi - 5B

 

P.S. Mi dispiace aver dovuto scrivere l’altro articolo “Dieci mesi di proteste, dieci mesi di governo” ma dovevo farlo…

(se lo leggerete capirete il perché…)

 

 Dieci mesi di proteste, dieci mesi di governo

 

Scrivo quest’articolo poiché non mi è piaciuto molto (per usare un eufemismo) quello redatto da Tommaso Bianco e Company, dal titolo “Dieci mesi di governo, dieci mesi di proteste”.

Mi limiterò a commentare ogni punto della loro creazione…..

Giugno 2001: “s’insedia”, perché tra virgolette, il governo Berlusconi. Non capisco questo “s’insedia”, gli articolisti avrebbero usato lo stesso termine per Rutelli, D’Alema e Company? “s’insedia”: forse Berlusconi, al di là delle simpatie o delle antipatie che suscita, ha ottenuto il potere con la forza utilizzando bombe nucleari o carri armati? Non mi pare….Oppure non me ne sono resa conto?

Per quanto riguarda la campagna elettorale, Berlusconi non ha promesso né più né meno di quello che avrebbero potuto promettere altre parti politiche. Diciamoci la verità. Promesse esagerate vengono fatte un po’ da tutti o no? Purtroppo la politica è fatta così….

Perché ha vinto Berlusconi? E’ forse colpa sua? Doveva spararsi? Doveva emigrare perché gli italiani lo hanno votato?

Invece una domanda che mi sono posta io è stata: perché gli italiani non hanno votato Rutelli, dopo cinque anni di governo della sinistra con vari presidenti (Prodi, D’Alema, Amato)?

Al di là di tutti i discorsi che si possono fare, di tutte le conferenze che si possono indire, la cosa per me è semplicissima, per capirlo basta leggere l’articolo in trattazione.

Perché!!!

E’ presto detto….Perché una certa parte politica è (purtroppo per lei) solo capace a criticare, ma non a proporre cose sensate, non UTOPIE, cose semplici che la gente semplice capisca e possa così sperare veramente in un modo migliore.

La prova: prendiamo punto per punto l’articolo:

1° CAPITOLO: cosa si doveva fare veramente a Genova durante il G8. I black blocks dove alloggiavano? In questura? Nelle caserme dei carabinieri? O forse in un albergo pagato da Belusconi? Oppure alloggiavano nei centri predisposti per i manifestanti? Manifestanti “pacifici”, per carità! Chi tirava pietre, sfasciava tutto, incendiava cassonetti, provocava in ogni modo….erano tutti infiltrati pagati da Berlusconi per danneggiare il movimento pacifico. Non parlo di chi ci ha lasciato la vita per rispetto alla sua persona e a quella dei suoi familiari….

2° CAPITOLO: cosa doveva fare l’America dopo quello che è successo? Io non lo so…Ma nemmeno gli autori lo dicono…per loro ha sbagliato e basta. Molto utile il vostro commento….

3° CAPITOLO: -LA SCUOLA- il ministro sbaglia tutto, non capisce nulla…Allora quale modello di scuola viene proposto? Nulla. Siamo tutti capaci a criticare ma non tutti poi riescono e nemmeno provano a cercare una soluzione alternativa….

4° CAPITOLO: ART 18. Come nel capitolo precedente ha trovato tante critiche ma nemmeno una proposta. Perché non lasciamo a Berlusconi l’opportunità di fare? Fra 4 anni dopo aver letto “Patchanka”, “Il Manifesto”, seguito Santoro e altri enti non strumentalizzati dal “Cavaliere Mascarato”, gli italiani si renderanno conto di aver sbagliato; non voteranno più “Il Berlusca” e la giustizia trionferà!

5° CAPITOLO: Berlusconi da capo del governo ha dimissionato un ministro perché lo riteneva non “in linea”. Beh! E’ meglio dimissionato che deportato in Siberia!. E poi Ruggiero non è mica in mezzo a una strada….

Per quanto riguarda la cultura in televisione nessuno ci obbliga a seguire la Caldonazzo o la Miconi sulle reti “strumentalizzate” oppure le ragazze seminude dei programmi Rai o altro… Se non c’è niente alla TV si può sempre leggere un buon libro (ovviamente si ne si è in grado…).

6° CAPITOLO: Tutto sbagliato, questo vuole una giustizia asservita al potere…Ma perché non capiamo quegli eroici (no meglio, patriottici…) palestinesi che solo per il sospetto che un individuo sia un agente

sionista viene linciato e poi appeso ad un palo per le gambe? Berlusconi non è un santo ma è bene ricordarsi che al mondo c’è di peggio! In 5 anni il Cavaliere avrà fatto più danni che cose giuste, gli italiani avranno l’opportunità di liquidarlo ma prima mi sembra corretto lasciarlo lavorare e magari suggerirgli come migliorare il nostro Paese.

Simona Arnaldi - 5 B   

Questione di punti di vista 2

 

Carissimi Luca, Carlo…carissimi tutti gli altri diciotto intrepidi alunni del Liceo,

Non scrivo quest’articolo in protesta alla protesta di un articolo di protesta, ma solo per dirvi che la scena che si è svolta qualche settimana fa’ è stata “scabrosa”, quasi imbarazzante. Descriverò quel che è successo.

Era quasi la fine della terza ora di un giovedì mattina quando mi giunge dalle mani di un mio amico l’articolo, tutto entusiasta lo leggo e poi lo passo alla mia compagna che me ne chiede una copia, allora chiedo di uscire e, col mio euro in mano, mi reco in “segreteria” dove mi faccio fare una decina di fotocopie del capolavoro da distribuire a tutti.

Attendo impaziente il suono della campanella e allo scoccare delle dieci e cinquanta inizio a spartire i due fogli di protesta: una a te, una a lui, una all’altro, fotocopia e fotocopia e fotocopia, nel giro di poco molte persone avevano già in mano un documento che, in teoria doveva apparire solo al termine dell’intervallo, ma in pratica non era così scatenando lo sbigottimento composto di alcune persone.

L’attenzione di tutti si dirige sull’autore dell’articolo, ma, orrore, anche questa volta è anonimo!……Che delusione!

Mentre mi lamentavo di questa cosa mi si avvicina un ragazzo, che per la privacy chiameremo Carlo Pampararo, al quale chiedo se conoscesse lo scrittore, mi sento rispondere: <<…un mio amico…>>; a sua volta lui mi chiede da chi avessi avuto lo scritto gli rispondo parafrasandolo e me ne vado.

Gli attimi successivi scorrono frenetici e febbrili nel tentativo di raccogliere un po’ di firme. Al termine della caccia i compartecipanti sono “ben” VENTI!!!

Tra tutte le firme spuntava in bella vista “di Luca Del Monte”……quale onore! Finalmente un articolo di protesta con tanto di firma dell’autore e dei sostenitori.

Avete veramente bisogno di raccogliere firme per esprimere le vostre idee? Come direbbe il buon Pirandello: <<…e tu hai bisogno che ti credano gli altri per credere a te stesso?>>.

Apprezzo lo sforzo di aver firmato, cosa che “altri” non hanno fatto.

Vi siete lamentati di una Santorizzazione del giornalino, ma perché non vi siete iscritti e non avete pubblicato articoli che esprimessero il vostro punto di vista?

Un’ultima cosa: ci avete chiamati, correggetemi se sbaglio, sputasentenze, a parer mio anche una persona che ha votato Berlusconi, giunta a questo punto, deve ammettere, se ha un po’ di buon senso, che le cose non stanno andando per il verso giusto, per dire questo non serve essere comunisti o no-global e nemmeno di sinistra, o no?……

 

P.S. :

a proposito, per la cronaca:

insediarsi”: verbo riflessivo 1. Prendere possesso di una carica e della sede in cui essa viene esercitata: il nuovo presidente della Repubblica si è insediato al Quirinale (dal dizionario comunista di italiano “Sabatini-Coletti”, 1999).

 

Tommaso Bianco - Marta Gaia - Carpini Marco - Francesco Maglione

 

 

Il coraggio delle proprie azioni

 

Caro Amico e consigliere,

Pensando che all’interno della scuola ci fosse ancora libertà di pensiero e di parola abbiamo espresso il nostro dissenso verso il governo Berlusconi utilizzando il giornalino DEGLI ALUNNI.

Evidentemente ci siamo sbagliati, probabilmente abbiamo valutato male l’elasticità mentale di chi è in dissenso, di chi si sente toccato da vicino da quello che è detto nel nostro articolo e non pensavamo che per esprimere la propria contrarietà bisognasse arrivare a frasi intimidatorie correlate da una bella minaccia (e non veniteci a dire che “Attenti” non è una minaccia!) che, tanto per la cronaca, non ci ha minimamente sfiorati: apprezziamo lo stesso l’impegno.

Abbiamo intitolato questo articolo “Il coraggio delle proprie azioni” per farti notare che forse avresti fatto più bella figura firmandoti, proprio come abbiamo fatto noi, dichiarando così che non hai nulla da nascondere e nulla di cui ti devi vergognare. Comunque non ti devi preoccupare probabilmente ora è di moda (o forse di convenienza) non firmarsi o usare “simpatici” nomignoli dietro i quali celarsi vilmente per rivendicare articoli di protesta….vero Capitan Nemo?

Vorremmo infine dirti che se il tuo articolo di protesta è il simbolo della democrazia che la destra del potere sbandiera con orgoglio preferiamo essere considerati anti-democratici (se siamo ritenuti così sappiate che non ci importa).

È vero che puntare il “dito giudicante” su chi cerca di migliorare il paese è scabroso allora perché tu lo punti su di noi? Basandoci sulla tua affermazione noi siamo autorizzati ad additare questo governo.

Ti ringraziamo per averci fatto capire che nel mondo c’è ancora molto da cambiare.

Tommaso Bianco & Marta Gaia

 

 

 

Democrazia è poter dire agli altri quello che non vogliono sentirsi dire”

- George Orwell –

 

Caro Luca, mi ha fatto molto piacere (non sto scherzando…è meglio precisarlo….) leggere la tua reazione allo scorso numero di “Patchanka”.

Mi ha fatto piacere perché hai criticato alcune idee che ho espresso, e io accetto di buon grado ogni critica (fermo restando il rispetto reciproco) se può servire a farmi capire che stavo sbagliando.

Sono però convinto che, come diceva Feuerbach, le uniche critiche accettabili siano quelle della “conoscenza” e non quelle “dell’ignoranza”. Ossia che per criticare un’idea bisogna prima averla capita.

Se devo essere sincero io non ho capito perfettamente tutto quello che hai scritto, colgo quindi l’occasione per esprimerti i miei dubbi e per “dire la mia” su alcuni punti che hai toccato.

In particolare ecco le considerazioni che mi sono sentito di fare in relazione alle tue critiche dell’articolo di Tommaso, Francesco, Marta e Marco (sia chiaro….io non sto prendendo le loro difese, perché quell’articolo aveva destato qualche perplessità anche in me e soprattutto perché credo che siano capacissimi di “difendersi” da soli).

 

ü       Per quanto riguarda i fatti del G8, penso che le tue considerazioni siano, per essere gentili,  superficiali quanto quelle dei ragazzi di V a .

Infatti l’argomento è talmente complesso che ci sarebbero da scrivere dei libri, e non può essere liquidato in poche righe.

Non si può generalizzare nemmeno parlando di “blac-block” e manifestanti pacifici, perché per quanto ne sappiamo non possiamo distinguere un “black-block” da un infiltrato della polizia, da un forzanuovista o da un neonazista e da altre componenti che non vengono scartate nemmeno dagli inquirenti.Per non parlare poi dei lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo o del gas degli stessi, vietato dalle convenzioni internazionali per i possibili danni all’organismo che procurerebbe (neanche il gas   sa fare distinzione tra manifestanti “buoni” e “cattivi”…)

Io sinceramente non mi sento di prendere una posizione così netta come la tua, scaricando tutta la colpa sui manifestanti  violenti o su Agnoletto che non  li avrebbe isolati ( non so se tu abbia visto qualche filmato….comunque poi mi spiegherai come avrebbe dovuto fare…)

ü       Per la questione scuola free/ scuola pay mi sorge un dubbio… il Gramsci che hai citato tu è lo stesso che ha detto  "… la scuola nei vari gradi, il teatro, le biblioteche, i musei … questi servizi pubblici intellettuali non possono essere lasciati all'iniziativa privata, ma in una società moderna, devono essere assicurati dallo Stato …" (A. Gramsci, Quaderni dal Carcere, cap. I, servizi pubblici)

ü       Sull’articolo 18 sei giustamente passato oltre perché non ritieni di avere adeguate conoscenze, ti invito comunque (senza offesa, chiaramente) a parlare per te.

Per il semplice motivo che non sai che conoscenze possa avere io o chiunque altro studente interessato alla questione…

Inoltre credo che la tua puntualizzazione sul fatto che chi non ha mai lavorato non debba poter giudicare una riforma del lavoro sia senza senso.

Allora uno che non è mai stato in guerra non può parlarne?? Uno che non si è mai fatto una canna non può esprimere la propria opinione sulla liberalizzazione??

Un’altra cosa. Se il termine “patriota-terrorista” riferito ad un brigatista rosso voleva essere un richiamo all’esempio che ho fatto io, ( molto forzato, lo ammetto, ma volutamente; per fare riflettere sulla disparità di trattamento e di vedute) temo che ci sia un errore dal punto di vista logico.

Se alcuni movimenti terroristici possono essere considerati ( da alcuni gruppi) dei patrioti è perché con le loro azioni credono di fare il “bene” della patria o del popolo (guarda solo come i palestinesi hanno accolto i terroristi liberati dalla basilica della Natività…).

(ATTENZIONE: non sto in nessun modo giustificando né tantomeno esaltando il terrorismo)

(Meglio specificarlo….perchè non tutti la volta scorsa l’hanno capito….)

Invece altre formazioni (come le BR) non possono in nessun caso ( da nessun gruppo) essere  considerate “patriottiche” perché i loro gesti non vorrebbero “avvantaggiare” in qualche modo la patria, ma solo imporre un determinato sistema economico; credono di essere espressione di un determinato strato sociale e ideologico.

ü       Veniamo al campo giudiziario. Io sono convinto quanto te che un miglioramento del sistema giudiziario sia assolutamente necessario. Un momento però. Mi sembra una posizione quantomeno imprudente, fuori di senno (per usare un eufemismo): come puoi apprezzare chiunque voglia cambiare qualcosa? Dipende come si vuole cambiare!! Anche Hitler e Stalin hanno cambiato qualcosa….

Io penso che si debbano giudicare tutte le proposte, valutare se cambierebbero le cose in meglio o in peggio ( se ne trarrebbero vantaggi tutti o solamente qualcuno…) e poi apprezzarle!

ü       Sono d’accordo con te sulla guerra  al terrorismo. Se voler punire chi commette stragi vuol dire essere filo-americano, lo sono anch’io! Lo siamo tutti!

E voler punire chi non commette stragi? Devastare un Paese tra i più poveri del mondo (e ammazzare persone che non hanno altra colpa se non quella di essere nati dalla parte del mondo sbagliata) senza ottenere alcun risultato tangibile? E’ stato punito chi ha commesso la strage?

Se anche questo vuol dire essere filo-americani, tu continua pure ad esserlo, io non lo sono più!

 

Detto questo mi rammarico, parlo per me ma penso di poter parlare a nome di tutta la redazione, per la tua “tirata d’orecchie” sul giornalino come emanazione di Santoro ( posto come assioma che la trasmissione di Santoro sia l’unica faziosa e strumentalizzata).

Anche se questo fosse vero (questione di punti di vista) non è assolutamente nelle nostre intenzioni!!

Non dipende da noi, tutti gli articoli sono sempre e comunque bene accetti, e la filosofia della redazione in questi due numeri è stata quella di pubblicare qualsiasi cosa fosse pervenuta (persino le critiche anonime!!)

Vengo ora alla parte del tuo articolo che mi riguarda più direttamente, e alla questione delle antenne di Radio Vaticana. La tua ironia sulle onde letali ,e non, è improponibile in quanto: prima di tutto nessuna emissione radio sul territorio italiano è paragonabile in intensità a quelle del Vaticano; in secondo luogo, anche se ci fossero altre “antenne letali” questo non giustificherebbe il comportamento del Vaticano!

Che lo facciano anche altri non vuol dire che sia giusto!

Per quanto riguarda il caso del Cardinale di Napoli, io non lo ricordo, ma la notizia dell’impossibilità di proseguire nel processo non me la sono inventata, l’ho presa da un giornale; evidentemente il caso del Cardinale di Napoli non lo ricordava nemmeno il PM od il giudice.

Comunque hai ragione tu, bisogna essere precisi. Per precisione quindi, devo dire che la linea difensiva del Vaticano è stata ben più squallida, grazie a non so quale cavillo hanno considerato le onde elettromagnetiche al pari di un’ambasciata, un loro territorio!! (Con che coraggio??)

La Chiesa deve fare i suoi mea culpa, e come è noto li fa.

Ma questo basta? O deve prendersi le sue responsabilità?

Questa volta faccio un esempio che spero non faccia arrabbiare nessuno.

Se un manifestante no-global ( brutto, cattivo e colpevole per antonomasia) colpisce con un sasso un poliziotto, basta che reciti il mea culpa? Tutto a posto così?

O deve essere giudicato? Deve avere il coraggio di farsi giudicare, deve prendersi la responsabilità delle proprie azioni? ( Va beh che in questo paese sfuggire ai processi è di moda…)

Ah, dimenticavo. Speravo si capisse che la frase che tu avresti voluto censurare era una battuta.

Di pessimo gusto se vuoi. Non opportuna, brutta, indelicata…tutto quello che vuoi!

Ma era una battuta. Non auguro il cancro a nessuno.

Voleva essere una sorta di estrema e simbolica “pena del contrappasso” per chi negli ultimi anni ha dimostrato poca attenzione verso i problemi ambientali e le loro ricadute sulla salute di determinate persone

(loro sono seduti nelle comode poltrone del Parlamento, e intanto mio padre lavora da più anni sotto l’amianto, senza riuscire ad ottenere neanche un giorno di pre-pensionamento!)

Adesso io ti chiedo: con che coraggio, quando esistono ancora queste situazioni in Italia nel duemila, riesci a dire che non possiamo parlare di articolo 18 e di diritti dei lavoratori?

E comunque il fatto che io abbia potuto veder pubblicata questa mia pessima battuta è (per me) un piccolo, minuscolo segno di Democrazia! (La censura non può iniziare fin dal giornalino d’istituto, credo che sia già abbastanza presente in tutti i mass-media).

Infatti se per te la democrazia è tutto quel popò di roba che scrivi in conclusione del tuo articolo (tutte cose bellissime e rispettabilissime, non mi fraintendere!), per me è anche, come diceva Orwell, “poter dire agli altri quello che non vogliono sentirsi dire”!

 

Ah, ri-dimenticavo. Penso che il tuo giudicare la mia presunta, possibile umanità o intelligenza da una battuta scritta su un articolo per il giornalino sia un grossolano errore di metodo.

Lo stesso che potrebbe fare qualcuno che, per questo tuo errore, o per il tuo non aver capito la battuta, o per l’unilateralità dimostrata in questo articolo, ti giudicasse ottuso. Un errore che io non voglio fare.

                                        

   Dario Cavallo

 


PICCOLA CRITICA

 

Mi capita di scrivere per il giornalino d’istituto per la prima volta ; ma ho dovuto fare questo strappo alla regola , per inserire una critica personale riguardante una questione che mi ha deluso e sorpreso. Premetto che il mio pensiero non vuole e non deve essere una verità assoluta , ma unicamente una riflessione su una problematica tragicamente importante, che mi è sembrata messa da parte e trascurata. Certamente tutti avrete letto l’articolo sul numero scorso di “Pachanka”, nel quale Dario Cavallo , con ironia e senza voler crear polemica, criticava , forse con toni pressoché offensivi, i personaggi importanti della politica, che per più di 20 anni si sono letteralmente dimenticati e disinteressati delle migliaia di persone che ogni anno, in Italia,  soffrivano, e tuttora soffrono, di problemi di salute dovuti ad abusi sulle leggi riguardanti l’inquinamento (in questo caso elettromagnetico) o dovuti a normative troppo elastiche.

Capita spesso che le persone vengano, nell’esprimere le proprie idee, influenzate da una corrente ideologica fondata politicamente a “destra” e a “sinistra”. Dico questo perché credo che sia capitato al ragazzo il quale, in mancanza di stima verso il giornalino, ha appeso alla bacheca la sua risposta alla questione che ho prima citato. Come ho già detto, probabilmente Dario Cavallo, ha espresso le proprie idee, con un metodo non consono e inappropriato a quello solitamente utilizzato per scrivere un articolo, nel quale bisogna in qualche modo cercare il più possibile di non mancare  di rispetto a nessuno; ma trovo che oggettivamente, analizzando tutti gli aspetti della questione, la reale verità sui casi di malattia dovuti alle antenne imposte dal Vaticano, sia unilaterale; e ormai, grazie ai mezzi d’informazione , conosciuta da tutti.

Quello che mi ha lasciato perplesso, è che qualcuno possa mettere in discussione una cosa come questa difendendo quei “pover uomini di potere”, che in nome del Vaticano e quindi forse di “Qualcuno di più grande”, hanno ucciso e stanno ancora uccidendo ,infischiandosene, migliaia di persone. E cosa meritano questi galantuomini ? Devono essere assolti e perdonati ? In fondo non l’hanno fatto a posta!?

Io credo che questo sia inaccettabile e che in quanto crimine così grande debba essere punito e giudicato, con presa di coscienza da parte dei colpevoli, in modo adeguato dallo Stato; ma soprattutto spero che qualcuno, fra le persone possibilitate, torturato dal rimorso, applichi un goccio del suo buon senso e del suo tempo prezioso a favore della causa, anche se la vedo più come un’utopia.

Concludo augurandomi che si ci possa mettere tutti d’accordo su un’unica idea oggettiva, senza sviare nel ridicolo con contestazioni fuori luogo.

Emanuele Schivo  5B

 

 

 

                                              

 

L'AMMUTINAMENTO DEL BOUNTY

 

Ho fame, vado a prendermi un Bounty…, arrivo alla macchinetta e, sorpresa delle sorprese, finiti e, a quanto pare non li rimetteranno più. Già, perché, visto che "Noi" abbiamo deciso di boicottare la Nestlè… eliminando la Nestlè dalle nostre dalle nostre macchinette abbiamo lasciato largo spazio alla povera multinazionale della Coca-Cola che sembra avere tanto bisogno di soldi e a quanto pare non sfrutta  assolutamente i paesi del terzo mondo. Va bene che è stato svolto un sondaggio, nel quale la maggior parte degli studenti, a quanto pare, ha firmato per boicottare la Nestlè, ma quelli che non hanno firmato, non avrebbero diritto di scegliere se non mangiare o no i suoi prodotti? Oppure pensate di avere diritto di decidere anche quello che possono mangiare i vostri compagni? E comunque non pensate che sarebbe un danno maggiore lasciare che i prodotti Nestlè vengano lasciati nella macchinetta aspettando che vadano a male, arrecando sicuramente un danno maggiore alla Nestlè, visto che togliendoli dalle macchinette, eravate tutti convinti che i vostri compagni non li avrebbero mangiati…!

Mantica Daria 5° B

 

 

GRAZIE

 

Non so se me lo pubblicheranno,così impegnati nel loro dibattito. Ma, con queste poche righe, vorrei ringraziare tutti quelli che (con visite in ospedale, dimostrazioni di affetto, messaggi o semplicemente col pensiero) mi sono stati vicini in questi ultimi tempi: il vostro appoggio morale è stato fondamentale. Non lo dimenticherò mai. Grazie.

Angelo Fresia

 


 

Musica

LA STORIA DELLA CHITARRA

Il mito greco-romano parla del piccolo Hermes-Mercurio, che, nato al mattino, già a mezzogiorno era in grado di camminare, e andandosene a spasso trovò sulla spiaggia una tartaruga morta e putrefatta sul cui guscio alcuni residui tendini risuonavano al vento. Il dio dell'astuzia e dell'ingegnosità si mise ad armeggiare, ed in breve ne ricavò quell'aggeggio che gli antichi greci avrebbero chiamato kithara, facendone il loro strumento nazionale.

Quella stessa invenzione avrebbe in seguito risparmiato al piccolo impertinente una divina punizione, offrendola a Febo-Apollo in cambio del bestiame che gli aveva rubato. E il dio-artista non avrebbe resistito alla tentazione, facendo anzi della kithara uno dei suoi attributi. E’ tradizionale l'immagine di Nerone, devoto ad Apollo, che la suona mentre intona il suo poema sulla distruzione di Troia nel guardare Roma in fiamme. E tuttavia, se la kithara classica ha dato alla nostra chitarra il nome e ne ha anticipato la funzione di accompagnamento del canto, non si tratta però dello stesso strumento. La rappresentazione classica ce la mostra infatti come una cassa di risonanza con ai lati due prolungamenti verticali a forma di corna, che sorreggevano una sbarra trasversale. Fra questa e il corpo inferiore della cassa di risonanza erano tese le corde: solo 4 o 5 all'inizio, ma poi divenute 7 nel VII secolo a.C., 11 nel V secolo, e infine 15. Più che verso la chitarra, l'evoluzione è verso l'arpa. D'altra parte, la tecnica moderna dell'accompagnamento con accordi non si sviluppa in Occidente che alla fine del Medio Evo, per essere poi teorizzata tra XVI e XVIII secolo. Tuttora, la pratica musicale tradizionale delle culture extra-europee si basa essenzialmente non sulla sistemazione di note in intervallo con la melodia, bensì sulla sovrapposizione di linee melodiche simili, ma non identiche.

Ma qualcosa di simile alla chitarra moderna già esisteva in Medio Oriente, anche ai tempi in cui Nerone si lanciava nelle sue "kitharate". Come testimonianza inconografica, il più antico chitarrista della storia ci guarda da un bassorilievo ittita del 1000 avanti Cristo. Siamo in prossimità geografica e cronologica con quella Troia della grande guerra cantata, prima ancora che da Narone, da Omero (anche lui, si immagina, con in mano una kithara). E come testimonianza archeologica, alcuni prototipi di chitarra sono stati ritrovati in tombe egizie dall'VIII al IV secolo a.C.. D'altronde, è tuttora l'Egitto il Paese dei più apprezzati virtuosi di ud del mondo islamico. Ud, con l'articolo che gli arabi mettono dappertutto, è al-ud. Sì: è quel famoso liuto dei Trovatori, su cui le lingue romanze intonarono i loro primi incerti versi, e che in Europa fu riportato presumibilmente dai Crociati. E lo stesso percorso deve averlo fatto la chitarra, che rispetto al liuto è una variazione sul tema: con il fondo piatto e la forma ad 8, invece che convesso e con la forma a pera. Ma è possibile anche che il viaggio sia stato fatto attraverso quella straordinaria camera di compensazione tra Islam e Cristianità che fu per tutto il Medio Evo la Spagna. Comunque, furono artigiani spagnoli quelli che nei secoli la aggiustarono, fino a darle la forma definitiva. In Spagna si è sviluppata quella scuola di virtuosismo flamenco che è un po' l'equivalente chitarristico europeo di quel che rappresenta l'Egitto per gli estimatori di ud. Ed è dalla Spagna che la chitarra è arrivata in America Latina, per dare vita ad un'altra importante scuola virtuosistica, con sviluppo di tecniche originali.

Nel '300, la chitarra aveva quattro corde: tre doppie, come le ha oggi il mandolino, e una semplice. La quinta corda, doppia, fu aggiunta in basso alla fine del '600; la sesta arrivò, in alto, a metà del '700, mentre tutte le corde divenivano singole. E' forse questa la più importante traccia della lunga evoluzione parallela con il liuto, anch'esso passato dalle 2-4 corde originali alle 6 definitive (di cui 5 doppie). Interessante è anche ricordare il progressivo affermarsi in entrambi gli strumenti della tecnica di esecuzione con le dita rispetto all'originale prevalenza del plettro, tuttora indispensabile invece per mandolini e derivati. Ma chitarra e liuto si somigliavano troppo per poter convivere nel successo. All'inizio, con la nobiltà estasiata dall'esile timbro del liuto, la chitarra è un po' un parente povero. Ma già nel 1482 Leonardo da Vinci può mandare a Milano il curriculum che lo farà assumere da Ludovico il Moro, specificando che oltre a ingegnere, pittore, scultore e scienziato è anche un "suonatore di chitarra". E nel 1556 un trattato sulla Francia ci informa che lì "tutti sanno suonare la guiterne". Anche se non si trattava ancora della chitarra attuale di derivazione spagnola, bensì di un compromesso con la cassa a forma di pera come il liuto ma a fondo piatto. Un altro simile compromesso è rimasto nell'uso qua e là in Italia Meridionale, ed è chiamato dagli etnomusicologi "chitarra battente" (ma nella tradizione pugliese è quella la vera "chitarra". Quella che nel resto del mondo è la chitarra tout court, lì è detta "chitarra francese").

In italiano, i trattati di storia della musica chiamano la guiterne francese "cetra", termine che è però promiscuamente usato anche per la kithara greca. Probabilmente, la vittoria che relega il liuto agli specialisti di musica antica è il risultato di una democratizzazione della società: mentre il suono aggraziato ma fioco del liuto è inutilizzabile fuori da una stanza chiusa, l'energica "grattata" sulla chitarra ("rasgueo", è il termine tecnico di derivazione spagnola) permette di farsi intendere dall'auditorio più vasto che ascolta, ad esempio, i cantastorie. Oppure di far parte di un'orchestrina. Più complicato è invece metterla tra il frastuono di un'orchestra sinfonica vera e propria. Gli estimatori della chitarra, è vero, ricordano che Stradivari ne fabbricava, assieme ai suoi celeberrimi violini; che Paganini ne era un virtuoso, oltre che di violino e mandolino; che Haydn, Schubert, Weber e Rossini scrissero partiture per chitarra. E che Beethoven la definiva "un'orchestra in miniatura". Ma solo Verdi ebbe il coraggio di sperimentarla in qualche opera. Nella storia italiana suoi illustri appassionati sono stati Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Massimo D'Azeglio e Bettino Craxi. Altro limite della chitarra era l'uso nella musica da ballo, al di fuori di alcuni contesti in cui appunto si è dovuto sviluppare un virtuosismo funambolico. Un esempio è appunto quello del flamenco dei gitani spagnoli; un altro è la get-fiddle del Far West, con la nascita del caratteristico stile saltellato del finger-picking. Ma zingari e pionieri erano appunto gente la cui vita nomade li portava ad apprezzare al massimo uno strumento con la dote della trasportabilità.

In Italia, ancora all'inizio del secolo gli strumenti a corde erano tipici degli artigiani di paese, che consideravano l'abilità nell'usare le dita per produrre i suoni un ideale complemento all'abilità nell'usare le dita per il loro lavoro. Caratteristica era soprattutto la bottega del barbiere, vera filarmonica dei poveri dove nelle ore di chiusura i vari "mastri" si vedevano per provare chitarre, mandolini e violini. Fu una specie di rivolta democratica quella con cui ad un certo punto il monopolio musicale di queste aristocrazie manuali iniziò ad essere sfidato dalle bande paesane. Ma il gran bisogno, prima della diffusione di radio e dischi, restava quello di uno strumento maneggevole che permettesse di sviluppare volume per il ballo senza dover pagare troppi suonatori. I pastori, gente con  giornate dai molti tempi morti, utilizzavano la zampogna, dai lunghi tempi di costruzione e accordatura, e che invece dell'accordo sviluppava l'arcaico accompagnamento a bordone (in cui, invece di quattro note, la melodia è accompagnata solo da una). Nel ceto medio si affermò nell'800 il pianoforte, che ogni signorina di buona famiglia doveva imparare, ma con i problemi di trasportabilità evidenziati dalla famosa barzelletta yiddish sul perchè gli ebrei sono spesso grandi violinisti e non pianisti ("hai mai provato a dover scappare all'improvviso con un pianoforte in spalla?"). Infine, dagli ambienti contadini, si affermarono come risposta vincente fisarmonica e strumenti affini (dall'organetto italiano alla concertina anglo-sassone, al bandoñeon argentino): veri riassunti portabili del pianoforte che, inventati nel 1824, ci misero appena un secolo a divenire gli strumenti principe della musica popolare. E lo sarebbero rimasti, se proprio la diffusione della musica preregistrata non avesse cambiato totalmente i termini della questione. Non solo, infatti, si può ballare ora con un giradischi, dove prima bisognava assoldare almeno un suonatore (o servirsi di un amico che però doveva rinunciare lui a ballare). Ma l'ascolto massiccio di esecuzioni a livello professionale tende a viziare l'ascoltatore ai danni dei suonatori dilettanti, la cui esecuzione non sarà mai altrettanto pulita, né il repertorio altrettanto vasto. E l'incentivo a passare ore a studiare, se non si vuole farlo come lavoro, viene meno  in maniera drammatica. E' d'altronde un caso se negli ultimi cento anni la "biodiversità" musicale è tanto calata? Provate un po' a calcolare quanti nonni e prozii del vostro albero genealogico armeggiavano con violino o mandolino o tromba o fisarmonica. E fate il confronto con quanti dei loro discendenti lo fanno ancora...

Ma se per il bisogno di ascoltare musica la tecnologia è spiazzante, per la voglia di cantare neanche l'infernale marchingegno del karaoke è riuscito veramente a sostituire l'antico strumento ittita come fonte di accompagnamento: né troppo forte da coprire la voce, né troppo debole da non sentirsi, né troppo complicato da perdercisi, né troppo semplice da impazientire le smaliziate orecchie di oggi. Certo, un conto è imparare i quattro "accordi del barbiere" che bastano a ripetere qualche popolare canzone da cantautore, un conto è apprendere la tecnica solista. Come insegna qualunque maestro la chitarra è lo strumento più facile da suonare male, ma è anche il più difficile da suonare bene.                                                                  

Paolo Ferrari IVA

 


U2: una band che ha sempre guardato oltre la musica

 

Alcuni mesi dopo l’uscita dell’ultimo capolavoro del gruppo irlandese, “All that you can’t leave behind”(Tutto quello che non puoi lasciare indietro), occorre riprendere in mano l’album della band, tra le più sensibili al disastro dell’11 settembre, non solo elogiando la meravigliosa voce di Bono e le capacità virtuosistiche dei suoi musicisti, ma soffermandosi sul senso delle parole delle canzoni e sul cammino religioso, affatto spiritualistico, del gruppo. In particolare si dovrebbe riascoltare l’ultima traccia del CD, intitolata “Grace”.  Vi propongo la traduzione dei versi a mio avviso  più importanti e significativi: “Grazia è il nome per una ragazza \ è anche il pensiero che ha cambiato il mondo \ la grazia vede la bontà in ogni cosa  \ grazia, lei possiede il cammino \ lei viaggia fuori dal karma” e ancora “Grazia, tiene il mondo alla propria mercé \ ciò che un tempo era dolore \ ciò che un tempo era disaccordo  \ ciò che ha lasciato un segno  \ non ferisce  \ poiché la grazia fa scaturire  la bellezza dalle cose orribili……” 

L’aspetto forse meno noto della band è la sua chiara ispirazione cristiana (“mia madre era protestante, mio padre cattolico” afferma Bono) che  possiamo intuire, per esempio, nella copertina dell’ultimo album in cui la scritta “J 33-3”, Geremia 33-3, allude ad un passo della Bibbia, o nella canzone “Forthy”, brano ispirato al salmo 40, pezzo di chiusura di quasi tutti i concerti dal 1983. Questo lato quasi nascosto della produzione degli U2 ha procurato ai ragazzi di Dublino accuse  di bigottismo o di clericalismo e critiche, spesso operate da esperti del settore e intellettuali che giudicano il cristianesimo di Bono con ironia e disappunto:  i testi non sono mai citati e vengono analizzate all’ossessione le stratificazioni ritmiche e l’intreccio  degli strumenti curato da Brian Eno e Daniel Lanois, ma la terza dimensione di una della rock star più anticonformista del momento rimane in penombra.

Come è possibile parlare di spiritualismo e bigottismo leggendo il testo di  una canzone dove la Grazia  non è una luce astratta o una divinità superiore creata dai “poveri mortali” ma è semplicemente una “bella donna” che cammina per strada? Com’è possibile dare del bigotto ad un cantante che afferma: “Quando ascolto cantanti come John Lennon, Bob Dylan o Stevie Wonder mi ricongiungo ad una parte di me per la quale non ho spiegazioni…la mia anima, credo…. parole e musica hanno fatto per me ciò che solide , addirittura rigorose argomentazioni religiose non sono mai riuscite a fare, mi hanno introdotto a Dio, non alla fede in Dio, piuttosto a un senso tangibile di Dio”.

E’ Paul Davids Hewson (Bono) stesso che afferma “ Il pop è fatto per dire alla gente che tutto va bene, il rock afferma il contrario ma anche che si può cambiare”. E per Bono il cambiamento c’è stato, trovando una strada  giusta in un mondo così caotico. L’incontro con  “Grazia” nella vita di Bono ha portato un cambiamento tangibile: osservando il suo impegno civile, tutti ricorderemo l’incontro con il papa o le parole dette prima di cantare “The ground beneath her feet”. Due giorni dopo l’exploit di Jovanotti a San Remo col famoso “Cancella il debito”,  Bono, estraniandosi da qualsiasi strumentalizzazione politica, utilizzata invece da altri in molte occasioni di questo tipo, disse: “ Signor Berlusconi aiuti il signor D’Alema  ad aiutare i paesi poveri”. Ricordiamo i 21 milioni di firme affidate a Kofi Annan in favore dei paesi poveri e infine l’utilizzo della straordinaria “One” per la raccolta di fondi in favore delle vittime delle Twins Towers. Un impegno sociale, dunque, non dettato da qualche moralismo, da un indottrinamento cattolico o protestante o, ancora da qualche ideologia, da qualche utopia, ma l’affermazione di un  senso della vita e del Dio in cui crede. Perché per fare il bene spesso lo sforzo umano non basta, infatti l’insuccesso ci può bloccare, i nostri limiti diventano un freno. Bono ci insegna che esiste Grazia , “un pensiero che ha cambiato il mondo” e che tutti i giorni cammina  per strada e quando inciampiamo lei è pronta a chinarsi e a farci rialzare, perché “lei fa scaturire bellezza in ogni cosa”. Son certo che se Bono visitasse la nostra scuola sarebbe contento di vedere tutto il nostro impegno per chi è più sfortunato di noi: dalle adozioni a distanza fino al boicottaggio della Nestlè.

 

Luca Delmonte  III A

 

 



Cinema: “il vecchio e il nuovo”

 

Un saluto

 

a  Billy Wilder, austriaco di nascita e statunitense d’adozione, maestro della commedia hollywoodiana.

Se n’è andato in punta di piedi alla veneranda età di 96 anni, con 25 film alle spalle e dopo oltre vent’anni di inattività (il suo ultimo impegno dietro la macchina da presa nel lontano 1981 fu “Buddy, Buddy” una delle tante variazioni sulla strana coppia Lemmon-Matthau, che fra l’altro lo hanno di poco preceduto nella dipartita, forse per fargli strada nel Paradiso degli artisti). Nonostante avesse preso la decisione di ritirarsi, il suo talento, distillato di humor, leggerezza, intelligenza, cattiveria e regia “invisibile” , continuava  (e continuerà) a vivere sui nostri teleschermi.

Ce lo eravamo forse dimenticato, e probabilmente aveva voluto così: eppure molti sceneggiatori, soggettisti, autori di Hollywood e dintorni avrebbero dovuto offrirgli da bere. Cominciò con alcuni noir pungenti e creativi (“La fiamma del Peccato”(1944); “Viale del Tramonto”(1950) ) destinati a lasciare un segno indelebile nella storia del genere; fu tra i primi a denunciare il cinismo dei mass-media (dapprima in “L’asso nella manica” (1951)  e poi più tardi in “Prima Pagina” (1974)); a dare nuova linfa cinematografica a topòi della comicità come l’ambiguità sessuale e il “travestimento”, nel super-classico “A Qualcuno Piace Caldo”(1959), dove una radiosa Marilyn Monroe si affiancava alla coppia Lemmon (attore-fetticcio di Wilder)-Curtis; e proprio a lui toccò l’onore di creare l’immagine-simbolo di Marylin, alle prese con un getto d’aria birichino in “Quando la Moglie è in Vacanza” (1955), ritratto  tuttora godibilissimo dell’americano medio timido, stressato e schiavo delle sue fantasie erotiche. Si potrebbe continuare ancora a lungo…..

Farewell, Billy. 

 

 

Star Wars Episodio Due: L’attacco dei cloni

 

 Agli esseri umani piace sentirsi raccontare sempre la medesima storia: lo aveva capito Omero, gli autori di romazi d’appendice nell’Ottocento, ed è su questo meccanismo  che si basano  le moderne soap-opera, i telefilm, i sequels…  Vi starete chiedendo cosa centri questa affermazione con l’ultimo lavoro del buon vecchio zio George “usa la Forza” Lucas? Forse leggendo il titolo vi sareste aspettati subito informazioni complete e puntuali sul cast (poche new entry: Hayden Christensen-Anakin Skywalker e Christopher Lee-Dooku),sulla lavorazione (100 milioni di dollari di budget, 2200 inquadrature di cui il 90% ritoccate al computer, 67 set; esterni girati in Tunisia, Spagna e Italia, nella Reggia di Caserta e sul manzoniano lago di Como), sulla trama (tra il giovane Anakin, avviato sulla strada del traviamento morale, e la principessa Amidala scocca la scintilla; nel frattempo il conte Dooku e l’Imperatore preparano la disgregazione della Repubblica): mi spiace deludervi, ma alla fin fine non è questo che conta  Il fascino di questo “episodio “ sta proprio nel ritrovare il solito Universo “alieno” illuminato dalle lame delle spade laser, luccicante e lampeggiante; misto di tecnologia, etica cavalleresca, filosofia orientale; incrocio di deserto, giungla, spazio infinito, megalopoli sconfinate; e nel sentirci raccontare una fiaba vecchia come il mondo: una bella principessa piuttosto determinata, cavalieri senza macchia e senza paura (il nome Jedi deriva proprio da Jidai-Geki, i film giapponesi in bianco e nero che avevano per protagonisti valorosi samurai), mostri orribili (in digitale, of course), cattivi feroci, poteri magici e lunghe peripezie.

Lascia stare che l’attor giovine fa un po’ anguscia e la love-story non è molto convincente ….vabbè che 135 minuti sono tanti…vabbè che “Cuccureddu” Joda sembra sempre di più un  profeta dell’ovvio (“la situazione difficile è”)… vabbè che il fatto che il film venga distribuito con il corredo di 27 clausole, tra cui il divieto di cedere il materiale promozionale e di utilizzare biglietti omaggio toglie un po’ di poesia…lascia perdere che saremo sommersi da una valanga di gadget-videogiochi-fumetti-giocattoli-libri di dubbio gusto dedicati a “Episodio 2” (che dureranno fino a un   minuto prima dell’uscita di “Episodio 3”)….  

Ma che importa?

Milioni di persone in tutto il Mondo sanno che, sentendo il suono delle fanfare galattiche, potranno essere certi di vedere ancora una volta il Bene trionfare sulla malvagità del Lato Oscuro che alberga in ognuno di noi

Giacomo Conti  - II A


 

Il signore degli anelli. L’amicizia e il compito.

 

Raccogliendo qua e là  pareri diversi tra coloro che hanno avuto la fortuna \ sventura di recarsi al cinema a vedere: “The Lord of the Rings. La compagnia dell’anello”, ovvero il primo episodio della mitica trilogia del signor J.R.R.Tolkien, ne ho sentite di tutte. Del resto, quando un regista vuol mettere sullo schermo cinematografico una storia così densa di avvenimenti, non può che essere un folle o un genio. Alcuni si esprimevano così. “ molto meglio il libro!!”, altri “ una bella favola” e via dicendo…. Non mi bastavano questi pochi giudizi superficiali, perché è evidente la profondità e la quantità di messaggi più o meno nascosti del film.

Ho avuto la fortuna di trovare l’intervista ad un grande studioso e conoscitore dell’opera di Tolkien: l’americano Thomas Howard. Vi propongo la fase saliente dell’intervista.

“D. Più che la comunicazione di un messaggio nascosto, il pregio principale del libro sembra quello di essere una grande allegoria della vita. Come afferma C. S. Lewis - Nessun altro mondo è così palesemente oggettivo- come quello creato da Tolkien: gli uomini sono uomini in un modo più vero, gli amici più amici di quanto spesso sperimentiamo ogni giorno. Come è possibile che un mondo fantastico ci avvicini alla natura delle cose?

R. La parola allegoria non piacerebbe a Tolkien. Gradirebbe molto di più il termine analogia. Personaggi, luoghi e oggetti della sua saga non sono simboli, allegoria o altro, si può dire che sono casi esemplari di questa o quell’altra cosa di cui noi facciamo esperienza nel nostro mondo. Così Gollum non è simbolo di un’anima che si muove velocemente verso la dannazione finale, è un esempio significativo, riconoscibile nel nostro mondo, di ciò che il male fa effettivamente ad una creatura. L’unica differenza tra i due mondi è che nella terra di mezzo riusciamo a cogliere la differenza, mentre nel nostro mondo uno può “sorridere e sorridere, ed essere un malvagio”(Otello).

D. Lo stregone Gandalf è una delle figure più potenti che militano per il bene. In fondo è una divinità che ha assunto i limiti dell’umano, nella prima parte muore, per poi risorgere purificato. Perché Gandalf sembra spendere le sue energie soprattutto affinché ciascuno si impegni liberamente nella lotta contro il male?

R. Gandalf impiega le sue titaniche energie in modo così disinteressato perché per così dire, “così stanno le cose”(nel nostro mondo come nella Terra di Mezzo), ossia uno dei misteri della natura delle cose è che il bene deve essere scelto, non imposto. Tale libertà sembra essere una qualità peculiare del bene. La coercizione non conduce mai, né gli uomini né gli Elfi, al bene. Gandalf questo lo sa, non può far sì che Saruman ritorni buono. Egli è servitore del bene, non lo possiede.

D. Frodo ha ricevuto l’anello, spetta a lui provvedere alla sua distruzione. Nel tratto finale della salita alla Voragine del Fato, non è più in grado di portare a termine il suo compito e Sam, non potendo portare il gioiello al posto suo neanche per pochi metri, si carica in spalla l’amico. Amicizia e compito: c’è un legame? E poi c’è la tenera amicizia che lega gli Hobbit. Che cosa è l’amicizia ne Il signore degli anelli?

R. Certamente l’amicizia è una delle manifestazioni dell’amore. Non ci potrebbe essere alcuna amicizia fra Orchi o Cavalieri Neri. Sauron (il mago, principe del male) odia i suoi servi. Ma il bene dipende, per così dire, da questo legame disinteressato tra Frodo e Sam, perché è una caratteristica della vera felicità (e deriva dal Bene) il fatto che noi “sopportiamo gli uni i pesi degli altri e così adempiamo alla legge” di Cristo (per il cristiano Tolkien) e del Bene nella Terra di Mezzo. Vi è una duplice appropriatezza nel fatto che sia Frodo a dover portare l’anello: questo fatto ingannerà Sauron; il debole è stato scelto per confondere i forti (“gli ultimi saranno i primi”). Lo stesso potere di Gandalf sarebbe pericoloso se fosse lui a portare l’anello, e lui questo lo sa. Gli Hobbit non sono  molto interessanti al potere; per cui c’è un aspetto della loro natura che “coopera con” il bene”.

Concludo richiamando l’immagine dei due Hobbit che insieme distruggono il male nella Terra di Mezzo, e, come mi insegna Howard, faccio un paragone col mio mondo: quando ricerchiamo il Bene (giustizia, amore, verità) nella nostra vita non possiamo far altro che farci portare in spalla dal nostro amico o dalla nostra compagnia, come è accaduto alla Compagnia dell’Anello.

Luca Delmonte - III A


Poesie



Speravo in particolar modo nella pubblicazione di questa poesia. Non pretendo che sia capita, ma credo che a qualcuno ricorderà qualcosa.                                                 Dario Cavallo

 

Impressioni da un funerale in una giornata uggiosa

(based on a true story)

 

Un funerale.

Nella bara un corpo senza vita, morto.

Tutto intorno parole, frasi, espressioni, volti

di altri morti.

(Ma il loro funerale non è ancora stato celebrato.)

Non hanno ancora avuto una degna sepoltura,

e gli tocca aspettare (c’è chi lo chiama vivere)

 

Saièmortopropriocomeavrebbevoluto. Certocheeragiovane,comerabravobuononesto!

E altro. A casa tutto bene? Io sai………………………

Ah-Ah-Ah Buona questa.

Discorsi vuoti, frasi senza senso.

(ma che cosa ha senso?)

 

Bianco. Bianco. Viola qua e là.

Un segno della croce. Un altro. già visto.

(Ripetere più volte al dì)

 

All’improvviso esce la bara,

ed ogni lingua divien tremando muta.

(Lui può forse vederli? Hanno qualcosa di cui vergognarsi?)

 

Ritirare il biglietto e fare la coda

per le condoglianze alla sposa.

Le mie non le avrà.

(una in più od una in meno che differenza fa?)

(Anzi, forse le faccio un piacere…)

 

I rintocchi delle campane sono come noi.

Muoiono subito.

Come noi provano a dire qualcosa

- ma sono subito strozzati-

ed il loro eco si spegne agonizzando.

(chissà cosa significano…se solo mi dessero il tempo per capirli….)

 

Il cielo è uno straccio bagnato, grigio.

Una goccia in testa. Un'altra.

Capisco dove vorrei essere:

in un prato, e correre sotto la pioggia.

 

Vorrei essere bagnato fradicio,

ma il cielo mi illude

e mi concede solo poche gocce.

 

Non piove mai abbastanza.

 

                               

UTOPIA

 

Vivo in questo mondo

 

un mondo schifoso

un mondo maleodorante

Cattivo a prima vista

Terribile se mi soffermo

A vedere

 

Gente che muore di fame e

gente che vomita perché ha mangiato troppo

Persone che non sanno come arrivare alla fine del mese e

Persone che sguazzano nel lordume della ricchezza

Gente che viene privata di un organo per un dollaro e

Gente che compra quell’organo a cifre stratosferiche

Pareti vestite di collezioni di farfalle rarissime e

Pareti nude di fame e di povertà

 

Ricchi e poveri

Sfruttatori e sfruttati

Bianchi e neri

Nord e Sud

Abbondanza e mancanza

 

Vivo in questo mondo

 

Distrutto dalle guerre per il potere

Corrotto dagli interessi di pochi a svantaggio di molti

Sfruttato e privato della propria bellezza naturale

 Per interessi finanziariamente privati

(ops! volevo dire…globali)

 

Vivo in questo mondo

 

Dove finalmente c’è qualcuno che ha detto basta

Basta con la prevaricazione di pochi su molti

Basta con la distruzione della natura

Basta con le bombe

Basta con i soldi

Basta con la fame

 

E’ ora di cominciare un nuovo mondo

Insieme, senza paura di chi sta dall’altra parte

Perché noi siamo tutti e loro nessuno

È solo che dobbiamo ancora accorgercene

 

Chiamala lotta di classe

Chiamala rivoluzione

Chiamala guerriglia

Chiamala intifada

Chiamala zapata

Chiamala resistenza

Ma non provare mai a chiamarla come non è e non sarà mai…

utopia

A

 


 

 


Ed ella fea la sua veste straccia

Et sì vagava col candido seno

D’infuor sotto soave brezza

Si che d’ogni uom’ fu apprezza

 

Allorquando il di lei cor urava

 fu medita a darsi al periglioso

‘nferno, trovò così pace

là dove tutto ancor tace

 

oh musa sì degna di codesto carme

veglia sull’alme di chi vita lasciò

per amor delle oneste cose

 

oh sì candido nume libera

le nostre membra dalle pene

e lascia che in cor nostro arda speme.

                                                          

                                     Paolo&Paolo


 

Un atto di tradimento

 

Quello che segue è uno spiraglio aperto su un fenomeno che non ha trovato particolare spazio tra i tanti reportage e speciali che abbiamo potuto vedere in questi giorni a proposito del conflitto arabo-israeliano: il rifiuto dei giovani israeliani di prestare servizio militare nei Territori Occupati e di partecipare alle operazioni anti-terrorismo.

Centinaia di ufficiali e soldati hanno scelto la strada della diserzione per esprimere il loro radicale dissenso nei confronti della politica di Sharon: alcuni forse li potranno considerare vili “traditori della patria” (cosa che hanno fatto i loro zelanti compagni).

 Secondo me il loro atto di apparente “tradimento”, di fuga, in realtà è un gesto estremo di rifiuto dell’uso delle armi e della violenza per risolvere l’insostenibile situazione del terrorismo kamikaze, strategia che fino ad oggi è riuscita soltanto a peggiorare le cose, portando sull’orlo del baratro i due popoli che abitano la Terra Santa.

Le parole di Sergio sono nette e colpiscono duro come pietre.

Vale la pena di meditarle.

     

Al ministro della difesa Ben Eliezer.

Un ufficiale ai suoi ordini mi ha inflitto oggi 28 giorni di prigione militare per il mio rifiuto a prestare il servizio di riserva obbligatorio. Io non mi rifiuto di servire solo nei Territori Occupati Palestinesi, come ho fatto negli ultimi quindici anni, ma io rifiuto di servire l’esercito israeliano in ogni forma. Fin dal 29 settembre del 2000 l’esercito israeliano ha condotto una “sporca guerra” contro l’Autorità Palestinese. (….) Voi avete seminato terrore e disperazione, ma non siete riusciti a raggiungere il vostro obiettivo fondamentale: il popolo palestinese non ha rinunciato ai propri sogni di sovranità e indipendenza. Né tantomeno avete dato sicurezza al vostro stesso popolo, malgrado tutta la violenza distruttiva dell’esercito, del quale lei è responsabile. (….)

La violenza razzista dei servizi di sicurezza israeliani, che non vede persone, ma solo “terroristi” ha aggravato il circolo vizioso della violenza per entrambi, Palestinesi e Israeliani. Anche gli israeliani sono vittime di questa guerra. Sono vittime della scellerata ed errata aggressione dell’esercito di cui lei è responsabile. Anche quando lei ha intrapreso i più terribili attacchi contro il popolo palestinese, non ha compiuto il suo dovere: dare sicurezza ai cittadini Israeliani. I tanks a Ramallah non hanno potuto fermare la sua più mostruosa creazione: la disperazione che esplode nei caffè. Lei, e gli ufficiali militari ai suoi ordini, avete creato degli esseri umani la cui umanità finisce nella disperazione e nell’umiliazione. Voi avete creato questa disperazione e voi non potete fermarla.

Negli ultimi 35 anni gli insediamenti hanno trasformato la società israeliana in una zona pericolosa. Lo stato israeliano ha seminato disperazione e morte tra gli israeliani e i palestinesi. Per questo io non voglio servire nel suo esercito. (….) Questo esercito non esiste per dare sicurezza ai cittadini israeliani, esiste perché continui il furto della terra Palestinese.

(….) E’ mio dovere, come ebreo e come essere umano, rifiutarmi nel modo più categorico di avere un ruolo in quest’esercito. Come figlio di persone vittime dell’olocausto e della distruzione, non posso avere un ruolo nella vostra politica insana. Come essere umano è mio dovere rifiutarmi di partecipare a qualsiasi istituzione che commette crimini contro l’umanità.

Sinceramente suo,   Sergio Yahni 

 

Tratto dal sito internet della rivista “Carta” (www.carta.com).

Giacomo Conti - II A

   

JAM

Japan Animation & Manga

 

Ciao a tutti ! Ebbene sì siamo tornati, come potevamo lasciare l’ultimo numero del giornalino d’istituto senza un nostro contributo? Innanzi tutto ci vorremmo scusare per l’assenza della nostra rubrica dallo scorso numero del Patchanka, effettivamente abbiamo avuto alcuni problemi d’organizzazione e così non siamo riusciti a tirare giù nessuna recensione. In secondo luogo vorremmo ringraziare chi in nostra assenza non ha fatto mancare un po’ di sano fumetto giapponese al nostro istituto.

L’impaginatore ufficiale ci ha imposto di essere molto brevi, perciò non possiamo scrivere più di due pagine (forse per qualcuno è un sollievo),comunque ci teniamo a salutarvi e ad augurarvi delle splendide vacanze.

 

Davide Monsù & Mirko Anedda

 

 

 

VAGABOND: DAL ROMANZO AL MANGA

 


Realizzare un manga dedicato al famoso Musashi Miyamoto è già impresa degna di nota, anche per un mangaka talentuoso quale Takehiko Inoue.
Nonostante gli evidenti problemi riscontrabili in una simile impresa tuttavia il noto disegnatore di "Slam Dunk" ha da tempo iniziato uno dei più ambiziosi progetti editoriali del mercato fumettistico giapponese.
“Vagabond” è infatti la fedele riproduzione di “Musashi”, uno dei più amati prodotti della letteratura storica nipponica, caratterizzato da una varietà di situazioni tale da stuzzicare la sensibilità artistica di numerose menti creative.
Non a caso dal celebre volume sono stati tratti adattamenti teatrali di ogni genere e alcuni film cinematografici e televisivi.

Conscio della maestosità dell’opera di Eiji Yoshikawa, Takehiko Inoue ha raccolto la sfida lanciatagli dal proprio lato creativo e ha iniziato la serializzazione di uno dei suoi lavori più complessi. La particolarità della fonte di ispirazione impedisce infatti di utilizzare il linguaggio espressivo tipico dei fumetti giapponesi, caratterizzato da un eccezionale dinamismo e da una divisione della tavola particolarmente libera, spingendo l’autore a una narrazione più pacata e ragionata, incredibilmente lontana da quella del cinetico “Slam Dunk”. Sebbene in rari momenti (generalmente confinati in poche vignette) l’autore riesca a mostrare la sua grande capacità di narrazione dinamica, le tavole di “Vagabond” sono più vicine a veri e propri dipinti, e si mettono in luce per l’incredibile attenzione ai dettagli e per la cura dei particolari.
Anche la rappresentazione dei duelli, solitamente veloci e movimentati, in “Vagabond” acquista un aspetto ragionato, capace di evidenziare chiaramente la tensione dei partecipanti e di sottolineare ottimamente la parte più difficile di uno scontro tra esperti spadaccini: la lotta psicologica.

Nonostante il grande impegno di Inoue tuttavia, in alcuni momenti la trasposizione a fumetti si assume delle licenze, soprattutto nella presentazione di alcuni personaggi resi molto diversi dalle controparti del romanzo. Simili differenze sono tuttavia giustificate dall’impossibilità di rappresentare in un fumetto l’enorme varietà di personaggi del libro, limite che spesso costringe il mangaka a riassumere in un unico disegno le caratteristiche di più individui.


 

 

 

 

 

 

SLAM DUNK

 

 

 

 



Questo manga, al contrario di molti altri del suo genere, ha avuto un enorme successo sia in Giappone che qui in Italia. Infatti viene spesso giudicato come "il manga che è entrato nella storia",e secondo non ci potavano dare un nome migliore. La trama non è affatto complicata e ruota completamente attorno al mondo del basket...e soprattutto alla figura di Hanamichi Sakuragi, un ragazzo di 16 anni famoso per aver guadagnato un record di delusioni amorose (scaricato addirittura 50 volte!!!!) e per essere un vero attaccabrighe. Al suo primo giorno nella Scuola Superiore Shohoko e dopo l'ennesimo scaricamento fa la conoscenza di una ragazza,la dolce Haruko Akagi, che conquista Hanamichi in quattro e quattrotto con una pura e semplice domanda:"A te piace il basket? "Da quel momento il ragazzo viene preso dall'entusiasmo per quello sport ed arriva a sfidare addirittura il capitano del club di basket della scuola,che poi si rivelerà essere niente poco di meno che il fratello maggiore di Haruko, facendo decisamente una figuraccia (almeno nella maggior parte dei casi). In qualche modo Hanamichi riesce ad entrare nel club assieme ad un'altro strano ragazzo, Kaede Rukawa, un vero talento nel gioco e casualmente il ragazzo di cui Haruko è follemente innamorata. Così tra i due si scatena una forte rivalità: Hanamichi vuole a tutti costi conquistare il cuore di Haruko dimostrandosi superiore in tutto su Rukawa, ma soprattutto superiore nello sport che la ragazza tanto ama. Presto Sakuragi farà la conoscenza di altri nuovi compagni di squadra: Mitsui e Ryota, entrambi ottimi giocatori che si riveleranno fondamentali componenti del team, ma non solo; incontrerà anche temibili avversari come Maki e Kiyota del Kainan, Sendo e Uozumi del Ryonan,

Fujima e Hanagata del Shoyo,con i quali intraprenderà veri e propri duelli all'ultimo respiro. Nonostante all'inizio avesse praticato quello sport solo per farsi bello agli occhi di Haruko,la passione per quel gioco prenderà il sopravvento, costringendolo a molti sacrifici e umiliazioni che però avranno i loro frutti. Alla fine riuscirà a dimostrare il suo vero talento con sorpresa di tutti.

 

 

 


 

 

“Yo sigo viaje”

 

L’ultimo articolo.

Allegria. Tristezza.

Sensazioni che si fondono insieme.

Mi manca l’ispirazione polemica

che anima le recenti discussioni.

Nessun argomento mi ha appassionato abbastanza.

Penso al buon compagno Redstar,

così fervido e razionale, così ispirato.

Al provocatore “clopiti-clopiti”

capace di suscitare discussioni con le sue parole pungenti.

Al nostro “Pinelli” con la sua bandiera rosso-nera,

che ha perso tante ore della sua vita per il giornalino.

All’impaginatore ufficiale,

con i suoi ritardi e le sue ire represse.

Patchanka?

Non saprei.

Ci vorrebbero nuove idee,

nuove proposte, nuovi personaggi.

Allora si: Patchanka!

 

Madness

 

 

 

 

"L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L'orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l'utopia? a questo: serve per continuare a camminare"  (Eduardo Galeano)